Trovare un equilibrio tra il diritto all'anonimato nel whistleblowing e i rigorosi requisiti del GDPR è una delle sfide più delicate che le organizzazioni devono affrontare nell'implementazione di un sistema di segnalazione. Da un lato, i whistleblower necessitano di una protezione completa, soprattutto quando segnalano condotte illecite sensibili che potrebbero esporli a ritorsioni. Dall'altro, le aziende devono gestire i dati personali in modo responsabile, evitare la raccolta di dati non necessaria e rispettare i principi di limitazione delle finalità, proporzionalità e riservatezza previsti dal GDPR. Un processo di whistleblowing efficace consente alle persone di segnalare in modo anonimo, limitando l'accesso al contenuto della segnalazione al solo personale autorizzato e utilizzando canali sicuri e crittografati per la trasmissione e l'archiviazione dei dati. Le segnalazioni devono essere conservate solo per il tempo necessario, in genere non più di cinque anni, e le aziende devono disporre di policy interne chiare che stabiliscano chi può visualizzare o agire sulle informazioni. Anche quando il segnalante sceglie di rivelare la propria identità, devono essere implementate misure di salvaguardia per proteggerlo da discriminazioni o ritorsioni. Trovare un equilibrio tra queste due priorità – la normativa sulla privacy e la sicurezza dei whistleblower – richiede non solo gli strumenti digitali adeguati, ma anche una struttura interna chiara, ruoli di accesso definiti e una solida conoscenza del diritto. Se implementato correttamente, questo equilibrio rafforza la fiducia interna, promuove la trasparenza e mantiene l'organizzazione conforme sia agli standard etici che agli obblighi di legge.